Oggi vi racconto la storia di Giuseppe, 37 anni e titolare di un negozio di abbigliamento a Teramo ereditato dal padre…
Nonostante la recessione e i problemi del territorio la sua attività è ancora molto redditizia.
Ma Giuseppe, se guarda al futuro non è sereno… Quale pensiero lo tormenta?
G: Caro Vincenzo, ci conosciamo da tempo… sai che fortunatamente guadagno bene (65.000 euro annui netti) e che i miei genitori mi hanno lasciato un discreto patrimonio (circa 200.000 euro) e due appartamenti.
Ho però una preoccupazione… Ho richiesto ad un patronato la simulazione di quanto verrò a percepire quando raggiungerò finalmente l’età pensionabile… E sono rimasto molto sorpreso nello scoprire l’importo che è molto (troppo…) lontano dai miei redditi attuali! Davvero la mia pensione sarà così bassa?
Caro Giuseppe, come avrai letto o sentito nel nostro Nel nostro Paese, prima delle riforme degli anni Novanta, la pensione era calcolata con il sistema retributivo (basato sull’importo della retribuzione, senza un legame diretto con i contributi effettivamente versati) riconoscendo, in media, il 2% della retribuzione di riferimento per ogni anno di lavoro. Questo significa che lavorando per 35 anni, si otteneva una pensione pari al 70% della retribuzione di riferimento, lavorando per 40 anni l’80% e così via.
Oltre a questo, la retribuzione di riferimento era oggetto di rivalutazione e veniva determinata considerando solo l’ultimo periodo della carriera, generalmente caratterizzato da un compenso più elevato, con conseguenze a volta paradossali, soprattutto nel settore pubblico, per cui la retribuzione di riferimento veniva calcolata anche prendendo come base l’ultima mensilità!!!
Dagli anni Novanta in poi si sono susseguite diverse riforme che hanno contributo a mettere in discussione il Primo Pilastro del sistema previdenziale, quello del pensionamento pubblico:
- Nel 1992 la Riforma Amato (d.lgs. 503/92 e d.lgs. 124/93) ha previsto un graduale inasprimento dei requisiti, sia anagrafici sia retributivi, per l’accesso alle pensioni di vecchiaia e di anzianità;
- Nel 1995 la Riforma Dini (L. 335/95) ha sancito il passaggio al sistema contributivo con cui la pensione viene calcolata in base ai contributi effettivamente versati prevendendo comunque una disciplina transitoria e istituendo le “finestre di uscita”;
- Nel 2004 la Riforma Maroni (legge delega n. 243/2004) innalza i requisiti per l’accesso alle prestazioni pensionistiche e prevede un super bonus per coloro che, pur avendo maturato i diritti per la pensione, decidano di continuare a lavorare;
- Nel 2007 la Riforma Prodi istituisce il meccanismo delle quote per l’accesso alla pensione di anzianità (somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva);
- Nel 2011 la Riforma Fornero (L. 214/2011) interviene in maniera incisiva sulla materia pensionistica rafforzando il sistema contributivo, inasprendo i requisiti per l’accesso alle pensioni di vecchiaia per le donne, sostituendo la pensione di anzianità con la pensione anticipata (prevedendo riduzioni percentuali per ogni anno di anticipo) e abolendo il meccanismo delle quote e delle finestre;
- proprio in questi giorni è stato convertito in Legge il decreto 4/2019 che introduce il reddito di cittadinanza e riforma nuovamente il Sistema Pensionistico con l’istutuzione della Quota 100 (mix di 62 anni di età e 38 anni di contributi).
G: Perfetto… Ma non ci sono alternative alla Previdenza Pubblica?
A seguito della crisi del Sistema della Previdenza Obbligatoria nasce in Italia il fabbisogno di un Sistema di Previdenza Complementare e lo Stato interviene a regolare il quadro normativo per la prima volta nel 1993 (d.lgs. 124/93) in occasione della Riforma Amato.
Oggi la Previdenza Complementare si distingue in due grandi categorie:
- Forme di Secondo Pilastro, organizzate su base collettiva;
- Forme di Terzo Pilastro, organizzate su base individuale.
Di seguito le forme pensionistiche complementari di SECONDO PILASTRO:
- FONDI PENSIONE CHIUSI NEGOZIALI
- FONDI PENSIONE APERTI CON ADESIONE COLLETTIVA
- FONDI PENSIONE PREESISTENTI
Sono forme pensionistiche complementari di TERZO PILASTRO:
- FONDI PENSIONE APERTI CON ADESIONE INDIVIDUALE
- PIANI INDIVIDUALI PENSIONISTICI “NUOVI”
- PIANI INDIVIDUALI PENSIONISTICI “VECCHI”
G: Potresti illustrami brevemente le differenza fra queste diverse forme di Previdenza Complementare?
Certo Giuseppe… Provo a illustrarti le caratteristiche dei diversi Fondi…
- Fondi Pensione Chiusi o Negoziali
- Sono riservati a lavoratori appartenenti alla medesima categoria (es. Fonchim per i chimici e Cometa per i metalmeccanici), azienda (es. Fondo Poste) o area geografica (es. Solidarietà Veneto);
- Sono istituiti da Contratti Collettivi siglati da Sindacati e Datori di Lavoro, regolamenti aziendali, accordi tra professionisti, leggi regionali etc…;
- Possono operare solo dopo aver ottenuto autorizzazione della Covip (Commissione di Vigilanza);
- Sono governati da un Cda composto per metà da membri espressione degli iscritti e metà da membri nominati dai datori di lavoro;
- Le risorse finanziarie sono gestite da Intermediari Finanziari (Sgr, Sim, Banche, Compagnie assicurative…).
- Fondi Pensione Aperti
- I fondi pensione aperti (FPA) nascono su iniziativa di intermediari finanziari, senza prevedere requisiti appartenenza ad una determinata categoria di lavoratori/azienda o alla residenza in una certa area geografica;
- È anche possibile aderire senza svolgere alcuna attività lavorativa o iscrivere un proprio familiare fiscalmente a carico, indipendentemente dalla propria adesione;
- I fondi aperti possono accogliere anche adesioni su base individuale;
- Sono gestiti come Patrimonio Separato e Autonomo presso il soggetto istitutore (Banca, Sim, Assicurazioni, Sgr)
- Piani Individuali Pensionistici (Pip)
- Sono polizze vita che presentano determinate caratteristiche conferenti loro natura previdenziale;
- I fondi aperti possono accogliere anche adesioni su base individuale;
- Sono gestiti come Patrimonio Separato e Autonomo presso il soggetto istitutore (Banca, Sim, Assicurazioni)
- Possono essere Polizze rivalutabili (Ramo I), Polizze collegate all’andamento di Fondi Comuni (Ramo III) o una combinazione tra Ramo I e III;
- Sono istituiti solo da Compagnie Assicurative;
- Si distinguono in “vecchi” (prima del 2006) e “nuovi”;
G: Come si crea nel tempo una pensione integrativa?
La Previdenza Complementare si distingue in due fasi:
- La fase di Accumulo;
- La fase di Erogazione.
Nelle forme di Secondo Pilastro (base collettiva) la contribuzione può essere alimentata dai contributi dei lavoratori, dai contributi dei datori di lavoro e dal Tfr maturando; il contributo del lavoratore non è obbligatorio ma è condizione necessaria per beneficiare di quello del datore.
Nel Terzo Pilastro (base individuale) c’è solo la contribuzione dell’aderente in misura totalmente libera.
I contributi confluiti nel fondo vengono investiti, in funzione delle scelte dell’aderente, in comparti di investimento che si differenziano per la tipologia di strumenti finanziari acquistati:
- Comparto Azionario;
- Comparto Obbligazionario;
- Comparto Bilanciato;
- Comparto Garantito (con garanzia di restituzione del Capitale);
- Comparto Life Cycle (che adegua automaticamente le linee di investimento in funzione dell’età dell’aderente)
G: Dopo quanti anni posso ottenere il rimborso delle somme versate nella Previdenza Complementare? E’ possibile ottenere delle anticipazioni?
La previdenza complementare nasce per garantire una pensione che integri quella offerta dalla previdenza obbligatoria. Coerentemente con questa impostazione IL DIRITTTO ALLA PRESTAZIONE PENSIONISTICA nasce nel momento in cui l’aderente raggiunge i requisiti di accesso alla Previdenza Obbligatoria.
La prestazione pensionistica può assumere le seguenti forme:
- 100% in rendita;
- una parte in rendita e una in capitale (in capitale Max 50%).
La Legge prevede la possibilità, in presenza di determinati requisiti di poter accedere ai propri risparmi anche prima del Pensionamento:
- Anticipazioni
- Trasferimento
- Riscatto
- RITA
ANTICIPAZIONI
L’anticipazione, in linea con quanto previsto per il Tfr lasciato in azienda, può essere richiesta nelle misure e per le causali che seguono:
- spese sanitarie, conseguenti a gravissime condizioni relative a sé, al coniuge e ai figli (es. terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche), in qualsiasi momento e per un importo fino al 75% della posizione individuale maturata. Tale tipologia di anticipazione prevede che l’iscritto presenti la documentazione che comprovi la necessità e l’entità delle spese sostenute;
- l’acquisto e la ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé e per i figli, dopo 8 anni di adesione al Fondo pensione e per un importo fino al 75% della posizione individuale maturata. Tale tipologia di anticipazione prevede che l’iscritto presenti la documentazione che comprovi la necessità e l’entità delle spese sostenute;
- ulteriori esigenze dell’iscritto, dopo 8 anni di adesione alla forma pensionistica complementare e per un importo fino al 30% della posizione individuale maturata. A differenza delle anticipazioni per spese sanitarie e acquisto/ristrutturazione della prima casa, in caso di anticipazioni per “ulteriori esigenze” non viene richiesta documentazione che comprovi che le spese siano state effettivamente sostenute.
TRASFERIMENTO
L’iscritto può trasferire la sua posizione individuale a un’altra forma pensionistica complementare, in caso di:
- perdita di requisiti di partecipazione. Ad esempio, in caso di cambio dell’attività lavorativa è possibile trasferire integralmente la posizione individuale alla nuova forma pensionistica complementare di riferimento;
- scelta volontaria. Trascorsi 2 anni dall’adesione a un Fondo pensione, è possibile trasferire liberamente l’intera posizione individuale a un’altra forma pensionistica.
Il trasferimento consente di proseguire comunque il “percorso previdenziale” senza interruzioni.
È importante sapere, però, che in caso di trasferimento da un Fondo pensione negoziale a un Pip o di adesione individuale a un Fondo pensione aperto, il lavoratore perderà il diritto al versamento aggiuntivo da parte del datore di lavoro, a meno di specifici accordi aziendali.
RISCATTO
L’aderente che prima del pensionamento perde i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare (es. in caso di cambiamento o cessazione dell’attività lavorativa), in alternativa al trasferimento della posizione previdenziale, può richiedere – a determinate condizioni – il riscatto della sua posizione.
Il riscatto può essere parziale o totale e può essere richiesto nei seguenti casi e
- riscatto parziale del 50% della posizione individuale maturata, nel caso disoccupazione per un periodo compreso tra 12 e 48 mesi o di discontinuità lavorativa legata a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria/straordinaria di almeno 12 mesi;
- riscatto totale della posizione maturata nel caso in cui il periodo di disoccupazione sia superiore a 48 mesi o nel caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo, di cambio di contratto, dimissioni, licenziamento o di morte dell’aderente.
Nell’ipotesi di decesso dell’aderente prima del pensionamento, l’intera posizione maturata è riscattata dai beneficiari indicati dall’iscritto nel modulo di adesione al fondo o, in mancanza di tale indicazione, dagli eredi.
RITA – Rendita Integrativa Temporanea Anticipata
L’aderente ad una forma pensionistica complementare, ad eccezione delle forme a prestazioni definite, può accedere alla Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita), alle seguenti condizioni:
- cessazione dell’attività lavorativa, maturazione del requisito per la pensione di vecchiaia entro i 5 anni successivi, anzianità contributiva di almeno 20 anni nel regime obbligatorio di appartenenza; 5 anni di partecipazione alla forma pensionistica complementare;
- cessazione dell’attività lavorativa che comporti inoccupazione per un periodo maggiore di 24 mesi e maturazione del requisito per la pensione di vecchiaia entro i 10 anni successivi; 5 anni di partecipazione alla forma pensionistica
G: Quali sono i costi della Previdenza Complementare?
Tutte le info relative ai costi sono contenute nella “Scheda dei Costi” predisposta secondo il Modello dettato dall’organismo di vigilanza (Covip).
In tale scheda, sono dettagliate le seguenti voci:
- Spese una Tantum da versare all’atto dell’adesione;
- Spese da sostenere durante la fase di accumulo applicate ad ogni singolo versamento effettuato nel fondo;
- Spese per riscatto, trasferimento, anticipazioni etc…
- Costi per eventuali garanzie complementari.
Se vuoi consocere i costi dei Fondi Pensioni autorizzati e vigilati dalla Covip Clicca Qui.
G: Come vengono tassate le prestazione dei Fondi Pensione?
Aliquota che varia dal 15% al 9%, in base al numero di anni di partecipazione alla forma pensionistica complementare (dal 16esimo anno di iscrizione l’aliquota del 15% è ridotta ogni anno dello 0,30%, fino a un minimo del 9%) per le seguenti tipologie di prestazioni:
- anticipazioni per spese sanitarie;
- riscatto parziale (50%) per disoccupazione per un periodo tra 12 e 48 mesi, mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria/straordinaria di durata prevista di almeno 12 mesi;
- riscatto totale (100%) nel caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo o disoccupazione per un periodo superiore a 48 mesi;
- riscatto della posizione effettuato dai beneficiari o dagli eredi a causa della morte dell’aderente.
Aliquota del 23% in tutti gli altri casi di anticipazione o riscatto:
- anticipazione per acquisto e ristrutturazione prima casa;
- anticipazione per ulteriori esigenze dell’aderente;
- riscatto in caso di dimissioni, licenziamento, cambio di attività.
G: il mio commercialista mi ha parlato anche di vantaggi fiscali per chi aderisce a tali forme previdenziali… Mi puoi dire di più?
Le norme fiscali prevedono quanto segue:
- Deducibilità dal reddito complessivo del contribuente con un limite massimo di € 5.164,57;
- Equiparazione delle regole fiscali per settore pubblico e privato;
- Ampliamento della deducibilità per i lavoratori di prima occupazione;
- Deducibilità aggiuntiva (del 4 o 6%) per le aziende che versano il Tfr dei dipendenti nel Fondo.
In merito alla deducibilità delle somme versate alla Previdenza Complementare ti faccio un esempio…
Considerando un reddito annuo di € 65.000 e un contributo di € 6.500 annuo (di cui solo 5.164,57 deducibili) avresti un risparmio di € 2.069,98 (pari al 38% del contributo versato).
Giuseppe, sentitosi anche con il suo consulente fiscale, ha deciso di stipulare un Pip destinando le somme ad un Comparto Bilanciato, programmando un piano di versamenti mensili per € 500 (con addebito automatico sul conto corrente tramite Sdd).
Considerando che Giuseppe ha un reddito di € 65.000 anni e che potrà riscattare il Pip nel 2048 quando avrà raggiunto i requisiti di pensionabilità… avremo il seguente scenario:
- Ultimo reddito mensilizzato € 3.794
- Pensione pubblica € 2.048 (53,98%)
- Pensione integrativa presunta € 647
- Pensione complessiva € 2.695 pari al 71% dell’ultimo reddito
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